“𝘓𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘰𝘭𝘦 𝘨𝘦𝘯𝘵𝘪𝘭𝘪 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘰𝘯𝘰 𝘦𝘴𝘴𝘦𝘳𝘦 𝘣𝘳𝘦𝘷𝘪 𝘦 𝘧𝘢𝘤𝘪𝘭𝘪 𝘥𝘢 𝘱𝘳𝘰𝘯𝘶𝘯𝘤𝘪𝘢𝘳𝘦, 𝘮𝘢 𝘪𝘭 𝘭𝘰𝘳𝘰 𝘦𝘤𝘰 𝘦̀ 𝘪𝘯𝘧𝘪𝘯𝘪𝘵𝘰”
Madre Teresa di Calcutta
In ogni situazione della nostra vita: in famiglia, in classe, nello sport incontriamo persone diverse e non necessariamente con tutte ci troviamo bene provando una empatia spontanea; la gentilezza – però – può innestare un circuito positivo che porterà a un generale star bene e ad un clima di collaborazione.
Questo non significa, pertanto, che tutti ci stiamo simpatici o condividiamo tutto, ma che scegliamo di essere cortesi, rispettosi, amabili, garbati ovvero gentili nei modi e nel rapporto con gli altri.
La gentilezza comporta: ascolto, rispetto, apertura e fiducia verso l’altro e soprattutto capacità di farsi carico delle fragilità degli altri mostrandosi vicini e solidali: se siamo gentili siamo anche persone in grado di accogliere prima di giudicare; siamo persone che hanno rispetto di sé, si vogliono bene e dunque sono capaci di donare anche agli altri tutto questo.
Non è la virtù dei deboli, ovvero di chi non è in grado d’imporsi.
Essere gentili non comporta l’essere sopraffatti pertanto non si è esposti ad alcun rischio.
Dove si trova la gentilezza vi è speranza, vi è il primato dell’altruismo del “noi” sull’egoismo dell’io.
La gentilezza ci rende persone migliori, serene, affascinanti; attraverso la gentilezza possiamo vedere in noi la bellezza.
In un mondo che ci vuole attratti dal “brutto”, cercare il bello rende necessario scegliere la gentilezza.
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